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Como, l’americanizzazione di un progetto stile NBA

Concerti, VIP e show: il Como conferma la sua tendenza a spettacolarizzare la Serie A. Ma resta il problema stadio Sinigaglia

Como Mirwan Suwarso
Mirwan Suwarso (Lapresse)

Che il calcio non sia un semplice sport è cosa nota da anni. Passione, tifosi, sudore, amore. C’è un filo – neppure tanto sottile – che lega queste quattro componenti: il business. Brutto ribadirlo in un paese dove si mastica pane e pallone sin da piccoli, ma è la dura verità. Un fattore che per tanti anni si è cercato di snobbare, lasciando all’esterno dell’impianto sportivo qualsivoglia pratica non attinente al calcio. È nell’idea dei tifosi, nella logica di un paese dove il calcio – ancora di più della politica o dello spettacolo – catalizza l’informazione.

Una tendenza che negli anni è andata però affievolendosi. Da diverse stagioni tanti club hanno capito come monetizzare – e soprattutto fidelizzare – con il calcio. Al di là dei classici – e ormai obsoleti – metodi. Restano sì le sciarpe, le magliette, il merchandising ufficiale delle società. Ma da qualche tempo la Serie A ha scoperto che esiste un mondo dentro a un semplice pallone che rotola. Un ecosistema fatto di show, intrattenimento, concerti. Eventi che, fino a qualche anno fa, sembravano inaccostabili al gioco del calcio. E che invece, oggi, fanno da spalla – e molto spesso da catalizzatore dell’attenzione – anche per chi, magari, non segue assiduamente il gioco del pallone. 

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Concerti, VIP e americanizzazione

In questo il Como ha sicuramente dato una grossa spinta. E sin qui la società lagunare, sotto l’input della famiglia Hartono (tra i più ricchi del globo), si è distinta per un’offerta – accostata alla partita – decisamente interessante. Su tutte, l’iniziativa “The Sound of the Lake” in collaborazione con Rolling Stones per festeggiare il ritorno in massima serie dopo 20 anni di assenza. Una partnership inaugurata lo scorso 26 settembre con il live del rapper Gué Pequeno un’ora prima del fischio d’’inizio di Como-Hellas Verona. 

Como

Guè Pequeno in Como-Verona (Lapresse)

Un successo straordinario, bissato nei mesi successivi portato al Sinigaglia una promiscuità di artisti interessante. Da Camilla Magli in occasione della sfida contro la Lazio del 31 ottobre a La Rappresentate di Lista nel match contro il Monza. E ancora: Ele A ha cantato prima della sfida contro l’Udinese, mentre Frah Quintale ha incantato il pubblico comasco prima del fischio d’inizio contro l’Atalanta. 

Esibizioni e partnership che hanno avviato – e in un certo modo – velocizzato il processo di americanizzazione della Serie A. Quella che per l’Nba è la normalità da decenni, adesso, sta spopolando anche in Italia. Un’evoluzione che sta – lentamente – portando all’abbandono dell’idea del calcio come una sfera chiusa, un modo a sé. Per lasciar spazio ad un’idea non rivoluzionaria, ma sicuramente appetibile anche per i tifosi non per forza sfegatati. 

E gli effetti di tale visione a Como si sono visti subito con VIP e star d’oltreoceano fotografati sui gradoni del Sinigaglia. Dal trio di Hollywood Keira Knightley, Michael Fassbender e Adrien Brody contro la Roma al duo Andrew Garfield-Hugh Grant nel match contro il Parma. E ancora, l’ex giocatore di baseball Billy Beane, l’attrice Kate Beckinsale, fino ad arrivare a Jamie Vardy e Thierry Henry, che seguivano il Como anche in Serie B.

Como, i VIP non bastano: serve un nuovo Sinigallia 

Una parata di stelle che hanno portato qualcuno  a dire che Como fosse diventata la succursale di Hollywood. E guardando le presenze di VIP d’oltreoceano non c’è da meravigliarsi se ogni settimana ne vengano ospitati di nuovi. C’è però un dettaglio – neppure troppo secondario – che lascia riflettere. Ovvero le condizioni dello Stadio Sinigaglia. 

Como

Keira Knightley, Michael Fassbender e Adrien Brody in Como-Roma (Lapresse)

La retorica, le strategia di marketing e la visione hollywoodiana di Como si scontra con un impianto non all’altezza. E la testimonianza è arrivata dal restyling estivo che ha costretto la squadra di Fabregas a giocare le prime tre giornate fuori casa. In fretta e furia sono stati portati a termini dei lavori di omologazione dell’impianto alle norme della Serie A. Seggiolini e postazioni per le telecamere: tutto qui per un impianto costruito nella sua quasi totalità di tubolari e con una capienza – la seconda più bassa in massima serie – di circa 13mila posti a sedere. 

Le tempistiche e la visione di Suwarso

Spontaneo chiedersi come può questa retorica a stelle e strisce sposarsi con un impianto, o meglio, una casa che versa in tali condizioni? Certo, a inizio febbraio la società lagunare ha svelato il progetto del nuovo Sinigaglia le cui tempistiche – salvo intoppi burocratici – prevedono almeno quattro anni. A maggio 2026 si dovrebbe procedere con la progettazione, lo studio della fattibilità e il processo di approvazione. Mentre i lavori – divisi tra Fase 1 e Fase 2 – dovrebbero svolgersi tra ottobre 2027 e agosto 2028. 

 

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Praticamente tre anni per adempiere alla visione del presidente Mirwan Suwarso. “Il nuovo progetto deve onorare l’eredità dello stadio Giuseppe Sinigaglia, rendendolo allo stesso tempo uno spazio attivo e accessibile per tutti i cittadini e i visitatori, non solo per il calcio, ma per il beneficio di tutti, 365 giorni all’anno”. Nel mezzo – come da tradizione italiana – parlerà il campo. Indipendentemente dal marketing e dai tentativi di americanarizzare la Serie A. 

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