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Sampdoria in Serie C, cronache di un disastro annunciato? Dentro la crisi dei blucerchiati

Dietro la prima retrocessione in Serie C nella storia della Sampdoria si nascondono errori nella gestione del club?

Attilio Lombardo Sampdoria
Attilio Lombardo Sampdoria (LaPresse)

Sampdoria in Serie C, il giorno dopo fa ancora più male

Le ore immediatamente successive ad un disastro di questa portata sono le più complicate. Si è costretti a fare i conti con una ferita ancora aperta e con i fantasmi che popolano una mente ancora in preda allo sconforto. Eppure, la Sampdoria è costretta a metabolizzare un verdetto unico nella sua storia: per la prima volta infatti, vedremo i colori blucerchiati associati alla Serie C. Una disfatta partita da lontano, dai disastri sulla coda della gestione Ferrero fino ad arrivare all’ultima stagione: un declino graduale, forse evitabile ma che comunque invita a riflettere.

30 maggio 2023: la liberazione… o forse no?

Finita la sbornia data dall’entusiasmo di un nuovo corso, i tifosi della Sampdoria scendono rapidamente a patti con una dura verità. La gestione di Massimo Ferrero infatti è stata soltanto un’illusione, che svanisce con il tempo e a causa di una serie di scelte sbagliate in rapida successione. Qualche stagione con buoni risultati, poi l’arrivo di una nube scura: i bilanci in rosso e quella forbice tra costi e ricavi sempre più ampia. L’escalation termina nel 2021, quando il presidente viene arrestato dalla Guardia di Finanza e subentra un Consiglio d’Amministrazione. Nel 2022 si prospetta l’arrivo del compianto Gianluca Vialli, che attraverso una cordata vorrebbe rilevare il club ed estinguere il debito, ma anche stavolta il tutto sfuma in un “nulla di fatto”.

Finalmente, arriviamo al giorno fatidico, quel 30 maggio 2023 da molti supporters blucerchiati accolto come una liberazione: eppure, a fare da contraltare alla gioia per la cessione del club ci pensano i risultati sul campo. La Samp infatti retrocede in Serie B dopo 11 stagioni ai piani alti del calcio italiano, con un ventesimo posto umiliante sia nella forma che nella sostanza (19 punti conquistati, solo 7 in più rispetto al record negativo all-time fatto registrare dal Pescara nel 2016/17). “L’ora più buia”, almeno fino a quel momento: la stagione 23/24 si apre con Andrea Pirlo come nuova guida tecnica. Un tentativo di rialzarsi subito che purtroppo non coincide con il verdetto del campo: stagione dannatamente altalenante, settimo posto in regular season e sconfitta al primo turno dei playoff contro il Palermo.

Stagione 24/25: un tracollo sistemico

Il susseguirsi di allenatori

Quando in un ecosistema si inseriscono dei soggetti esterni, si possono avere due possibili epiloghi: l’adattamento al nuovo contesto oppure il collasso dello stesso. Nel caso della Sampdoria, è il concatenarsi di vari eventi negativi a portare alla disfatta totale. Pirlo rimane sulla panchina (prima scelta sicuramente controversa), ma il suo secondo mandato durerà lo spazio di un mattino: esonero già dopo la terza uscita di campionato, dopo una partenza in cui i blucerchiati non riescono ad azionare le marce alte e raccolgono 1 punto in 3 gare. Squadra affidata a Sottil, ma è proprio durante il suo periodo di “reggenza” che cominciano ad intravedersi quelle crepe che preannunciano un collasso strutturale.

Come dopo un’iniezione di morfina, il gruppo sembra aver superato i primi malanni di stagione; eppure, dopo un impatto da 13 punti in 7 partite, il motore si inceppa nuovamente e nelle successive 5 uscite arrivano soltanto 3 pareggi. Così avviene il secondo passaggio di testimone, da Sottil a Semplici: la stagione però continua in antitesi rispetto al cognome del nuovo arrivato, tra leader che steccano e un vuoto gestionale spaventoso. Dal 30 ottobre fino agli inizi di febbraio, arrivano 14 partite senza vittoria: la risposta è una prepotente campagna acquisti invernale, che porta però ulteriore confusione nelle gerarchie e fa lievitare il monte ingaggi (più di 18 milioni di euro).

Fallisce inesorabilmente anche l’ultimo disperato tentativo: l’ingresso a gamba tesa di personalità carismatiche come Evani (nuova guida tecnica nelle ultime curve dell’annata) o Attilio Lombardo, non dà una sterzata abbastanza forte da far cambiare rotta alla squadra. Il tutto culmina con il tremendo verdetto di ieri sera: i liguri giocheranno la Serie C per la prima volta nella loro storia.

Alberico Evani

Alberico Evani Sampdoria (LaPresse)

Confusione fuori e dentro il campo

Il caos si riflette inevitabilmente sul campo: manca identità e le rotazioni sono sempre in divenire; emblematica la gestione dei portieri, con 5 avvicendamenti nel corso della stagione. Nelle prime 5 giornate, tra i pali vedremo 3 nomi diversi: Ghidotti gioca le prime 2, contro Frosinone e Reggiana; subentra Vismara, ma anche lui ne gioca 2 prima di passare il testimone a Silvestri. A gennaio invece, si punta forte su Cragno, che dopo l’unica presenza di Perisan il primo febbraio, si prende la porta e la difende fino al termine della stagione. Anche in avanti però c’è molto smarrimento: Tutino non riesce a trovare continuità realizzativa e dopo 21 presenze è fermo a 5 timbri, prima di fratturarsi il malleolo a gennaio e dire addio così al resto della stagione.

Annata col freno a mano tirato anche per Borini, che trova solo 11 spezzoni di gara e 298 minuti totali, non centrando mai il bersaglio. Risente di un contesto in totale decadimento anche Coda, che trova soltanto qualche sussulto isolato (8 centri in 33 presenze) ma non riesce mai a ricoprire il ruolo di leader tecnico e carismatico di una squadra vuota nello spirito e con l’encefalogramma piatto. A mettere la firma su questo capolavoro a tinte horror è Mbaye Niang: fiore all’occhiello del mercato invernale, l’ex Milan ha le polveri bagnate dal 16 marzo, inanella 7 partite a digiuno e soprattutto cestina il match point contro la Juve Stabia, calciando debole e centrale a pochi passi dalla porta. E quell’azione diventa la fotografia della stagione, volendo anche degli ultimi tre anni di Samp: “una serie di sfortunati eventi”.

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