Conte in conferenza stampa ha spesso dato dei segnali alla squadra e all’ambiente, cercando di mettere pressioni ai rivali. Dal “Ma che significa?” dopo la partita con l’Inter alle frecciatine ai rivali e richieste velate alla gente e al suo presidente. Come una pubblicità dei primi anni 2000 resta in testa. Inzaghi invece non ha quasi mai parlato (almeno prima dei match), non ha interagito con i suoi tifosi e ha deciso di ovattarsi nel suo spogliatoio. Un’altra strategia. Sarà giusta? Con un avversario alla gola in Serie A forse avrebbe dovuto fare la sua parte.
Oltre un meme, Conte resta in testa
Avete presente quei meme e video che se inizi a scrollare non la finisci più? Ecco, Conte fa lo stesso effetto con le sue dichiarazioni. Spesso diventano un must: dall'”agghiacciante quello che dicono” del 2012, alle parole d’addio prima di salutare la Juve e il famoso ristorante da 100 euro, le accuse alla storia del Tottenham.

Antonio Conte durante Napoli-Udinese/Lapresse
Di esempi potremmo farne molti e quasi sempre hanno inciso nello spogliatoio. Ha una carica emotiva differente rispetto a Inzaghi. Questione di carattere o di modo di fare, il tecnico dell’Inter in campo diventa un “demone” incontenibile, mentre ha un po’ paura dei microfoni. Post partita spesso arriva senza voce, esprime con sincerità le sue opinioni e anche polemizzando quando necessario, ma come direbbero i giovani, con un’aura differente. Certo non è questo che ti porta a vincere, i nerazzurri sono in finale di Champions. Ma in un campionato di 38 giornate, farsi sentire e dare vita a frasi che si ripetono nell’anno può fare la differenza.
“Ma che significa?”, Inter-Napoli in una domanda
“Scusate, ma che significa che il Var non può intervenire se c’è un errore? Che significa? Quando gli conviene intervengono, quando non gli conviene non intervengono? Fatemi capire. Una decisione dell’arbitro può cambiare una partita. Se c’è un errore il Var deve intervenire, punto e basta. Questa è una cosa che fa veramente incazzare, ma non penso solo me, tutti gli allenatori!”.
Ricorderete queste dichiarazioni, al termine di Inter-Napoli. Al centro del dibattito il rigore concesso ai nerazzurri per fallo di Anguissa su Dumfries: un contatto cercato dall’olandese e molto dubbio. La reazione di Conte è stata chiara. 23 volte ripetuta la farse “ma che significa” per criticare la gestione e il protocollo per gli interventi Var. Tre minuti di televisione che sono stati scolpiti nelle pietre e che hanno generato anche tante critiche contro l’allenatore partenopeo. E nell’ultima conferenza di ieri alla vigilia del match contro il Cagliari ha chiuso il cerchio.
La risonanza di Conte e il fastidio Inter
“Quello che ho dovuto dire l’ho detto. La cosa che mi fa piacere è che qualche arbitro ha anche apprezzato quello che ho detto. C’è da migliorare la comunicazione. Abbiamo gli arbitri più bravi e ve lo posso assicurare visto che ho allenato anche in Inghilterra. Con il Var bisogna lavorare tanto, serve più chiarezza per capire quando può intervenire o no, non l’ho ancora capito. Però ho visto che tutti si sono lamentati, chi più chi meno, quando si veniva toccati. Però nessuno ha avuto la eco che ho avuto io quando mi sono lamentato con l’Inter. Hanno fatto trasmissioni a insultare il sottoscritto. Conta anche la differenza in base a chi dice le cose. La mia risonanza è diversa da quella degli altri”.
Dichiarazioni che non sarebbero affatto piaciute ai vertici societari dell’Inter, come riportato da Tuttosport. Non è una novità, considerando anche la bufera mediatica — non certo casuale — che seguì lo scontro diretto a San Siro, quando si parlò della gestione della tecnologia. Conte è così, si fa sentire prima e dopo. Un’arma segreta per aumentare le probabilità scudetto? Forse. Inzaghi non ci ha nemmeno provato ad arginarla.
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