Liberazione, una data scolpita nella pietra per la Repubblica italiana. Ma come si vivrebbe oggi se non ci fosse stata? La nostra vita sarebbe certamente diversa, meno libera. Dalla politica al calcio, il 25 aprile sul calendario è sempre segnato di rosso. Anzi di bianco-rosso. Nel 1947, dopo un anno dalla nascita della Costituzione nasce Johan Cruijff, un dono di Amsterdam. E il resto è storia, con il calciatore che segna un’epoca di rivoluzione in campo e anche in panchina. Ma come ha influito il Profeta del gol sul calcio moderno? La sua impronta è notevole.
Johan, profeta in campo e nella vita
Un artista non si spiega, si ammira e si studia. Come Picasso giocava sullo spazio-tempo, anche Cruijff sulla sua tela verde dipingeva un nuovo movimento. Da giocatore ha contribuito al dominio della filosofia olandese e di Rinus Michels, in campo ha trasformato i suoi pensieri in dogmi. Ripercorrere la sua carriera sarebbe banale e a Johan non piaceva la normalità. Anche se “Giocare a calcio è semplice, ma giocare un calcio semplice è la cosa più difficile che ci sia”. Lo ha detto lui, anche se in campo gli piaceva stupire. E la sua “Ctuijff turn” è diventata una delle skills più provate per strada. Una delle tanti frasi che fanno parte del libro degli insegnamenti per le future generazioni. Il calcio prima di lui non era brutto, ma semplicemente diverso. Ha messo il pallone al centro di tutto. E ha educato i suoi “figli in campo”.
Ha saputo tirar fuori il meglio grazie alle sue idee e anche al suo modo di comunicare: “Perché non avresti potuto battere un club più ricco? Io non ho mai visto un mucchio di soldi segnare un gol”. Personalità e testa alta. Lo ricordano i più anziani, ma anche i ragazzini che lo hanno scoperto su YouTube o da qualche racconto dei propri padri o nonni. Il suo football ha demolito le convenzioni. “Il calcio si gioca con la testa, se non hai la testa, le gambe da sole non bastano”. E lui di testa ce ne ha messa tanta: dal calcio totale fino alle testimonianze che hanno reso grandi i nuovi allenatori. Senza di lui forse non ci sarebbe stato il Milan di Sacchi o ci avrebbe messo più tempo per uscire. E neanche il Barcellona che ha impressionato il mondo.
Cruijff, come ha inciso sul calcio moderno
Se i ragazzini indossano la maglia numero 14 il merito è solo di Cruijff. Ha saputo rendere immortale un numero che non aveva un grande significato. “Vincere è importante, ma avere un proprio stile, gente che te lo copia, questo è il regalo più grande” – disse Johan. La maniera di controllare gli spazi, di attaccare e difendere tutti assieme, di pressare molto alto, di tenere il pallone a terra, il portiere che diventa il libero: sono tutte abitudini consolidate, ma che prima segnavano quasi una ribellione. Appunto, una Liberazione del calcio. E ora proprio come i partigiani hanno reso l’Italia un posto migliore, il profeta lo ha fatto con il pallone. E non potevano che coincidere le due date.
Era una popstar dal forte carisma oppure un “Provos”, il movimento dei sessantottini di Amsterdam che predicava l’immaginazione al potere. Rijkaard lo ha assorbito e al Barcellona, anche con qualche “scontro” e ha continuato a lavorare sulle sue idee. Poi le ha lasciate in eredità a Guardiola che ha fatto il resto. Ora il calcio moderno non può prescindere dalle sue lezioni. Sembra quasi strano pensare il contrario. Ha lasciato in eredità un nuovo gioco. Cruijff ha rotto con lo sport che lo ha preceduto, in cui la sfera era spesso ingabbiata, l’ha liberata. E allora ritorniamo alla domanda dell’inizio della nostra storia: vi immaginate un’Italia senza Liberazione? Per fortuna non dobbiamo pensarlo. E lo stesso vale anche per il pallone.
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