Premier League: manca solo l’aritmetica per un clamoroso “remake”
Una saga tanto affascinante quanto preoccupante, si sta per arricchire di un nuovo capitolo: la Premier League sta per salutare tutte e tre le neopromosse, destinate alla retrocessione. Per il Southampton il verdetto è già arrivato da qualche settimana, mentre il Leicester lo ha ottenuto nel weekend appena passato. Ora, all’appello manca solo l’Ipswich Town, che a dire il vero è aggrappato ad un lumicino di speranza: terzultimi a -15 dal West Ham e con ancora 5 gare da disputare, i “Tractor Boys” dovranno compiere l’autentico miracolo di vincerle tutte e appellarsi alla differenza reti. Il tutto in caso di suicidio degli “hammers”, che da qui alla fine non dovrebbero collezionare un singolo punto per dare quel minimo di credibilità a qualcosa che avrebbe del metafisico.

“Muro umano” Ipswich-Wolves screen
Non si tratta però di un caso isolato: nella scorsa stagione (23/24), lo stesso destino era toccato a Luton Town, Burnley e Sheffield United. Non era mai successo nella storia del torneo che sei neopromosse in due anni dovessero affrontare una retrocessione. Un record ovviamente negativo, che acquista ancora più potenza considerando le annate precedenti. Nel 22/23 si spezza la catena, con tre retrocessioni inedite; nel 21/22 invece, sono due neopromosse a salutare immediatamente il massimo campionato inglese (Norwich e Watford). Trend confermato anche nel 20/21, con Fulham e West Bromwich-Albion che tornano nei sobborghi della Championship dopo un solo anno al tavolo delle grandi di Premier.
Il divario tra le piccole e le grandi sta aumentando?
La tendenza delle ultime stagioni denota quindi una forbice sempre più ampia nel gap competitivo tra neopromosse e realtà pluriennali del campionato. Alla base però, i problemi potrebbero essere molteplici: dalla capacità economica, sicuramente impattante nonostante gli introiti dai diritti TV garantiscano grandi cifre anche ai fanalini di coda del campionato. Basti pensare ai ricavi garantiti a Luton Town, Sheffield United e Burnley nella stagione scorsa (rispettivamente 149,8, 142,9 e 142,8 milioni di euro), del 40% più alti rispetto alla capolista nella Serie A (l’Inter con 101 milioni).

Liverpool Southampton Dibbling (LaPresse)
Sicuramente incide anche la tendenza che hanno le piccole realtà del campionato a stravolgere tanto in estate, tra richieste spesso accontentate per i propri gioiellini e spese folli per giocatori disfunzionali. Rimanendo all’annata ancora in corso, i “Saints” hanno speso cifre consistenti, mettendo insieme un esborso di 72 milioni per Harwood-Bellis, Archer, Downes e Mateus Fernandes, che combinano per soli 6 gol e 3 assist in 114 apparizioni in campionato. Lo stesso discorso è applicabile anche per il Leicester, che dopo aver lasciato andare Dewsbury-Hall per 35 milioni e Iheanacho in prestito gratuito, spende 23 milioni per Oliver Skipp (mediano che non riuscirà mai ad imporsi, collezionando solo 853 minuti in 19 presenze complessive) e 16 milioni per Issahaku Fatawu (fantasista classe 2004 che ha dimostrato di essere ancora acerbo).

Hermanssen Leicester City (LaPresse)
Eppure, si può ancora scavare e raschiare verso il fondo: attualmente, mettendo insieme i punti raccolti in campionato dalle tre squadre analizzate, si arriva a 50. Per scongiurare il record negativo assoluto, si dovrà superare la soglia dei 66 fatti registrare nella scorsa Premier League comunque in netto ribasso rispetto ai 90 del 22/23 o agli 80 del 21/22.
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